Questa settimana, la prima a casa sola con Anita, senza padre e figlio malati e ipercinetici o moribondi (indovinare a chi vanno i rispettivi aggettivi :-) mi sono collegata parecchio. Tante cose in sospeso da chiudere, ricerche da fare e il piacere di non essere interrotta 100 volte al secondo.
Mi piacerebbe leggere di tutto un po' di più ma una cosa che non riesco a seguire e mi manca molto sono i siti che affrontano le questioni di genere. Quello a cui farò riferimento a breve, Lipperatura, non appartiene alla categoria, non esplicitamente almeno, ma ne scrive spesso e molto bene. Tra l'altro l'autrice è la conduttrice radiofonica Loredana Lipperini, che seguo via radio, il pomeriggio, quando posso, a Fahrenheit.
Ma stamattina mi sono soffermata sull'ultimo articolo del suo blog e non potevo non citarlo.
Si intitola Lasagne, sottotitolo A proposito di modelli e di maternità (...).. Lipperini scrive riferendosi a un articolo uscito oggi su Repubblica, che riporta i risultati di un'inchiesta del Wall Street Journal, che ha messo a confronto i tanti modelli proposti alle donne dal mercato editoriale, in particolare per quelli dedicati alle madri. Risulta che quelle italiane sono e rimangono "senza eguali al mondo". Si cita, come da manuale, "l´invidia per i manicaretti che cucinava la madre italo-americana di un (...) amico d´infanzia [dell'autore dell'articolo]". Eh, vedi che si casca sempre su le tette, i bei fianchi, riempire la panza e poco altro?
"L´eccellenza italica rischia però di essere un cliché e forse una trappola.". Sono d'accordo, anche perché non considero la ricchezza di ricette regionali e la bravura delle donne italiane in cucina ragione d'eccellenza, sono altri gli standard per cui vorrei il nostro paese fosse conosciuto e stimato (letteratura, arte, politica, scienza ecc).
Seguono citazioni di studiose, intellettuali, blogger italiane che a vario titolo si occupano di maternità che rifiutano questa identificazione "mamma italiana uguale accudimento uguale manicaretti uguale la preferita in assoluto", che mi trovano tutte d'accordo.
Io. Quando è nato Giovanni ho continuato a cucinare a tutto spiano perché adoro farlo, appena ho potuto sono tornata a indossare i tacchi e le gonne aderenti e non ho mai rinunciato al rossetto rosso e a cercare lo sguardo di ammirazione di mio marito (che viene raramente, ma questa è un'altra storia). E ora che c'è Anita ho intenzione di fare lo stesso, certo, con le energie che mi rimangono dall'avere una figlia in più, tre anni quasi di corse ecc. E con entrambi cerco di essere tanto dolce quanto severa, ambiziosa quanto rispettosa, di programmare e improvvisare. Insomma, non ho schemi di comportamento che considero "italiani" ma faccio quel che posso con quel che ho.
Ad esempio credo che se molte donne (famiglie) italiane potessero avere un asilo nido a disposizione vicino a casa, da pagare a un prezzo corretto, si assisterebbe a una naturale emancipazione di molte donne che fuori casa e con uno stipendio maturerebbero certamente l'autonomia fisica e mentale che molte investono, loro malgrado, in cura della famiglia. Altro che "naturale passione per la cura dei figli". E io intanto sono di nuovo a casa per scadenza ennesimo contratto, tanto per dire che so di cosa parlo.
Oppure se si assistesse ad una programmazione della Rai che invece di dar tanto spazio all'inguine superdepilato e decorato da farfalle di una show girl (vedi Sanremo 2012) magari mi proponesse qualche programma sull'eccellenza, quella si, delle scienziate italiane, o sui percorsi di emancipazione femminile in Italia, o su un Report qualunque, moltiplicato per tante trasmissioni. Ma qui mi interessa meno, avendo rinunciato alla TV.
Quel che intendo è che non mi riconosco nemmeno io nella categoria citata. Andrò a leggere l'articolo e se necessario aggiungerò qualche commento, ma per ora mi sembra che sia sempre la solita storia: di mammà ce n'è una sola ecc ecc.
Ma quando mai? Io voglio parlare per me.
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